La filosofia dell'Uno nel panorama ontologico attuale

Più o meno dall'età di diciassette anni mi immaginavo una filosofia dell'Uno, mi ero reso contro che il pensiero nel mondo si stava muovendo in quella direzione.

 

Per esempio grazie all'esperimento dell'entanglement in fisica è stato dimostrato che tutte le cose sono connesse, perché semplicemente separando due fotoni e modificandone uno, si era dimostrato che anche l'altro subiva le stesse modificazioni (l'austriaco Erwin Schrödinger fu il primo a usare il termine entanglement in fisica, all'epoca si parlava di fenomeni che potevano essere descritti solo a partire da sovrapposizioni di sistemi, cioè che cose distanti potevano influenzarsi a vicenda); in astrofisica si è capito che la maggior parte della materia dell'universo è materia oscura, per cui si sta cominciando a pensare che essa non sia vuoto e che forse quello che vediamo è una piccola parte di ciò che esiste; i frattali in matematica e la fisica di David Bohm parlano di un mondo le cui parti contengono l'intero, un mondo olista.

In pratica le convinzioni, almeno nel mondo della scienza, stanno letteralmente cambiando; nel mondo comune forse avverrà molto più tardi.

L'idea che potrebbe prendere piede è che il realismo ingenuo non sia più sostenibile per nessun motivo.

La fisica quantistica, come anche le neuroscienze ci stanno dimostrando l'illusorietà della realtà che ci circonda e nello stesso tempo, in alcuni ambiti scientifici stanno riscoprendo il sapere orientale: quello sul velo di Maya e tutto il pensiero dell'Uno in oriente.

L'ontologia certamente non può ignorare queste trasformazioni ed ha il suo ruolo in tutto questo, difficilmente si sente parlare di realismo ingenuo in filosofia oggi, al massimo si parla di nuovo realismo, che è un'altra cosa. L'ontologia è qualcosa che potremmo dire che ha rivitalizzato la filosofia, la quale molto tempo fa si dava per morta.

Questo è successo, come spiega lo stesso Ferraris, perché il nostro mondo pullula di nuovi oggetti (siti web, pacchetti viaggi, ecc...) e se non vogliamo perderci abbiamo bisogno di qualcuno che li classifichi, questo è l'ontologo.

L'ontologo non fa solo cataloghi, si occupa anche di altre cose, per esempio di quali entità devono essere postulate perché una certa teoria sia vera e soprattutto: che cosa esiste di tutto quello che c'è.

Il punto che vorrei propormi io è come si colloca la filosofia dell'Uno, questo pensiero che sviluppo e che ho sviluppato personalmente, rispetto al contesto generale dell'ontologia, possibilmente rispetto a quella più vicina a noi.

In ontologia ci sono diverse posizioni e queste nascono chiaramente da risposte a delle domande, per esempio se chiediamo se gli oggetti esistono indipendentemente da noi, troviamo almeno due posizioni sull'argomento: una di queste è quella del nuovo realismo che dice: sì certo, esiste tutto tranne il mondo (Markus Gabriel); c'è poi un'altra posizione che dice che in verità esiste solo una grande pasta o una realtà omogenea, tutto il resto, gli oggetti e così via, non sono altro che il risultato di divisioni e tagli operati dalla mente, questo si chiama realismo interno ed è la posizione di Putnam.

In mezzo chiaramente c'è il materialismo che considera esistente tutto ciò che è materiale, il neurocostruttivismo che pensa che la realtà sia una simulazione virtuale del cervello e il nichilismo che dice che esistono solo atomi e nessun oggetto.

A queste posizioni vanno aggiunte: quella di Meinog che afferma l'esistenza di ogni cosa, dicendo che tutto è reale, solo che alcune cose sono attuali, per esempio ciò che vediamo con gli occhi, ma non solo (ad es. il magnetismo non lo vediamo), altre invece esistono come possibili inattuali (ad es. il drago, Gandalf, ecc...); quella di Quine che afferma che molte entità meinogiane si possono eliminare riferendole a problemi linguistici e sostituendole con descrizioni, come faceva Russell. Tuttavia Quine afferma che ogni proporzione di materia può essere un oggetto e mettendo assieme gli oggetti più lontani e diversi si può creare un oggetto detto "oggetto quineano".

  In questa discussione si potrebbe partire dal problema posto da Thomas Nagel nel suo articolo:

Che effetto fa essere un pipistrello? (1974). Il problema di Nagel è questo: com'è che un pipistrello e un uomo hanno un modo di vedere e sentire la realtà molto diverso, eppure la realtà è sempre quella, ovvero vivono entrambi nello stesso mondo?

Questo problema non nasceva dal nulla, così impostato Nagel lo pensava come modo per farla finita con l'internalismo e il riduzionismo.

Sull'internalismo, posizione di Leibniz, si può dire che Nagel forse non ha valutato tutto. L'internalismo sostiene, almeno nell'accezione di Leibniz, che noi siamo delle monadi senza porte e nemmeno finestre e che se condividiamo il mondo è perché queste monadi sono lo specchio dell'universo intero.

Le teorie oliste, forse anche i frattali, possono dare conferma di qualcosa di simile, quindi non è detto che nell'internalismo non ci sia soluzione al problema della condivisione del mondo o che la posizione non possa essere attuale.

Diciamo che una posizione che sostiene che non ci sono fatti ma solo interpretazioni e che tutto debba ridursi ad un punto di vista (forse questo è un altro tipo di internalismo) vacilla molto di fronte al problema della condivisione del mondo da parte dei vari soggetti. Invece sul problema del riduzionismo Nagel si rifà alla difficoltà secondo cui pensare che l'uomo sia o coincida con il suo cervello, farebbe dell'uomo un oggetto, quando invece esistono comunque sempre degli elementi estremamente soggettivi, ad esempio la differente prospettiva del pipistrello rispetto a quella dell'uomo.

Chiaramente basta poco per passare dalla domanda sui pipistrelli a una sui robot, sul loro modo di interagire con il mondo e così via (problema di ontologia informatica), ma questo problema che pone Nagel serve ed è interessante perché in base a questo si potrebbero collocare le varie posizioni in ontologia.

Il nuovo realismo ad esempio, almeno nella accezione di Markus Gabriel, direbbe che in questo caso si devono almeno dare tre settori di oggetti (Gegenstandbereich): il primo è il settore di oggetti del mondo condiviso, nel senso delle cose stesse (alberi, case, ecc...); il secondo è il settore di oggetti che contiene quelle entità che appartengono alla prospettiva dell'uomo (alberi e case viste dall'uomo); c'è poi un terzo settore di oggetti che è l'insieme di oggetti o entità viste dalla prospettiva del pipistrello (alberi e case viste dal pipistrello). Quello che conta per il nuovo realismo, che è poi la condizione dei settori di oggetti, è il fatto che il mondo non esiste, non c'è un grande contenitore di tutte le cose. A questo punto credo che il nuovo realismo più che parlare di "la realtà" parlerebbe di realtà al plurale: "le realtà". Il nuovo realismo potrebbe rileggere Matrix come film che attesta che il mondo non c'è, la realtà è un'illusione, in verità vi sono solo infiniti settori di oggetti.

Se vogliamo invece rimanere sulla lettura classica di Matrix invece possiamo passare a Putnam: immaginiamo che il cervello del pipistrello e quello dell'uomo siano collegati a due computer che gli mandano degli imput per fargli vedere la stessa realtà, questo spiegherebbe la condivisione dello stesso mondo, pur affermando che si tratta sempre di una simulazione cerebrale. Putnam sostiene la posizione del realismo interno, secondo la quale non vi è alcuna descrizione ontologica migliore delle altre perché tutto dipende da come la nostra mente divide quella realtà omogenea che è la "pasta". In questo caso anche parlare di oggetti ontologici come "pipistrello" o "uomo" corrisponde a determinati tagli, un fisico, parlando di corpi, si riferirebbe ad elettroni o altre particelle subatomiche. Il costruttivismo neurologico si assocerebbe con quello che ho detto sui cervelli collegati ai computer, mentre il materialismo accrediterebbe l'esistenza solo dei corpi e di ciò che materiale (corpo del pipistrello, corpo dell'uomo, alberi e case materiali).

Le altre due posizioni come quella di Meinog e quella di Quine, si potrebbero riassumere in questo modo: Meinog considererebbe esistenti anche le entità che sono solo immaginate dal pipistrello e dall'uomo, in quanto dopo tutto queste entità hanno delle proprietà che possono essere dette vere anche se uno non le si pensa e negarle sarebbe una contraddizione, per cui Gandalf è un vecchio stregone buono che sta simpatico ai bambini e non solo, che mette allegria con i suoi fuochi d'artificio e tutte queste proprietà sono vere anche se si pensasse il contrario; Quine consiglierebbe di sostituire Gandalf con "quel personaggio del romanzo di Tolkien", per mostrare la finzione che si annida dietro, ma dal suo punto di vista ontologico potrebbe comunque darsi un oggetto che chiameremo "Batman" derivato dalla somma dell'uomo e del pipistrello.

La domanda ora è come si pone la filosofia dell'Uno rispetto a questi problemi di ontologia?

Premetto che la filosofia dell'Uno è abbastanza vicina alla posizione di Putnam, ma si tratta di fare maggiori precisazioni. L'idea in origine è che esista una sola realtà, una realtà oceanica, quindi una realtà in cui tutto è connesso con tutto, dove lo spazio e il vuoto sono pure illusioni. Chiamiamo ora questa realtà Uno, tenendo presente che la filosofia dell'Uno è una posizione che sostiene l'univocità dell'essere, ma cerca sempre di non negare le varie molteplicità. L'essere dunque si dice in un solo modo, ma l'essere si declina in molti modi, vi sono, per dirla alla René Guénon, tanti stati molteplici dell'essere. Gli stati dell'essere sono vari livelli dell'Uno, non tanto da pensare come trascendenti, ma più come le varie proprietà della sostanza di Spinoza.

L'Essere in genere, che poi è l'esistenza stessa, la vita stessa e così via, non è altro che energia, mentre ogni stato dell'essere si distingue per via della frequenza e la vibrazione delle energie. La filosofia dell'Uno non è idealismo perché non crede che siamo noi i produttori delle frequenze di energia, ma è convinta che noi comunque interagiamo con esse influenzandole, per esempio quando ci arrabbiamo e così via. Queste frequenze degli oggetti sono come delle strutture che hanno vari rami descrittivi, i molteplici rami descrittivi rendono corrette differenti descrizioni ontologiche. Però dobbiamo renderci conto che ogni entità è nello stesso tempo un ritaglio della mente, questo può avvenire su vari livelli, nel senso che quando parlo del mio salotto mi riferisco ad una stanza in cui comprendo già gli oggetti che vi sono inclusi, mentre potrei parlare di questi oggetti considerandoli indipendentemente da questa stanza.

In una posizione di questo tipo si deve capire che non è vero che quello che vediamo sia tutto falso, mentre in verità esisterebbero solamente stringhe vibranti con 11 dimensioni. Questo perché anche parlare di stringhe è tagliare la realtà, così come quando si parla di cellulosa in altri ambiti e così via.

Alla domanda su cosa esiste davvero, la filosofia dell'Uno risponde:

una sola realtà oceanica, tutto il resto è taglio mentale.

Il nuovo realismo di solito critica la posizione del realismo interno dicendo che quando si parla di realtà omogenea anche in quel caso si tratta di un taglio. Il problema del nuovo realismo è che non riesce a concepire un pretagliato, quella realtà omogenea semplicemente andrebbe pensata in modo negativo, come qualcosa di indipendente dalle operazioni mentali. Al contrario il nuovo realismo si dimostra molto più mentale perché tutti i settori di oggetti considerati oggettivi ricordano le classificazioni della ragione, i suoi tagli e le sue operazioni di divisioni, solo che il nuovo realismo rischia di scambiare ciò che è mentale con ciò che non lo è.

La mente giudica e i giudizi sono divisioni, producono dualismo, per esempio la mente dice: essere e non essere, poi dice: essere vivente o essere non vivente, oppure quando passa qualcuno vestito in modo buffo dice: clown!, ma questi sono tutti tagli oppure mappe. Quello che si dovrebbe comprendere oggi è quello che oramai la PNL ha dimostrato da parecchio tempo: che la mappa non è il territorio. Ora si tratta di arrivare a capire che non è solo una questione di bottiglia d'olio mezza piena o mezza vuota, ma si tratta del fatto che tutte le descrizioni ontologiche sono delle mappe differenti per leggere un solo territorio che è ciò che esiste. La sfida dell'ontologia e delle altre scienze sarà capire cosa è mappa e cosa territorio, così come l'illuminismo voleva fare chiarezza su cosa fosse pura superstizione e cosa fosse razionale.

Un altro problema del nuovo realismo è quello che io definisco con il nome di: moltiplicazione miracolosa delle banane. Immaginiamo che siamo in quattro persone sedute ad un tavolo ed al centro del tavolo ci sia un piatto con una banana sopra. Dal punto di vista del nuovo realismo non esiste solo la banana, ma anche ogni prospettiva, ogni punto di vista delle persone sulla banana e tutto questo è tanto oggettivo quanto la banana, per cui viene da chiedersi quante banane ci siano davvero sul tavolo, cinque?

Forse il problema è questo: il costruttivismo affermava soltanto l'esistenza di mappe mentali soggettive (interpretazione), mentre diceva che non vi è alcun territorio (fatto); il nuovo realismo afferma che vi sono solo mappe oggettive e non mentali (campi di senso), ma non vi è, di nuovo, nessun territorio (mondo).  Entrambe le posizioni sono sbagliate in quanto non differenziano tra mappa e territorio o ancora peggio, negano completamente l'esistenza di un territorio rimanendo imbrigliati nella mente, con la differenza che il costruttivismo ne è consapevole, mentre Markus Gabriel probabilmente no.

Per quanto riguarda, invece, la filosofia dell'Uno, chiunque si decida per costruire una filosofia dell'Uno, come nel mio caso, avrà il problema di far cadere ogni forma di dualismo. La più grande sfida delle filosofie dell'Uno è quella di trovare delle soluzioni al problema platonico tra: le strutture e la materia, tra le essenze e gli individuali.

Platone voleva, a mio avviso, costruire una filosofia dell'Uno che sarebbe stata più o meno questa: le cose nel mondo sarebbero state semplicemente le copie delle idee e queste idee sarebbero dipese nel loro essere e nel loro stesso esistere dall'Idea del Bene (una forma di Uno). Quello che ha scoperto Platone è che ci sono solo brutte copie nel mondo. Platone non riusciva a riassorbire tutta la materia nelle idee e per questo alla fine nel risultato dei suoi sforzi è venuta fuori una filosofia dualista.

 

A meno di non seguire la strada di Plotino e lanciarsi in una concezione dell'Uno che è sempre oltre se stesso e oltre l'oltre, si dovrebbe piuttosto cercare di seguire un'altra tradizione dell'Uno che parte da Eraclito, passa per Spinoza e arriva fino a Deleuze.

 

In pratica farla finita con una teoria che dice che le cose sono belle, vere e buone quanto più assomigliano ai modelli e sono originali quanto più se ne distaccano. In pratica si tratta di farla finita con gli universali e con le essenze generali, bisogna solo trovare delle strade, ma come direbbe Deleuze: sperimentate!

(foto seyta.org)